Dalla Sicilia un nuovo progetto che unisce transizione ecologica e transizione digitale promette di rivoluzionare il mercato della produzione di energie rinnovabili
Un nuovo progetto fintech sta per nascere ai piedi dell’Etna, a dargli vita due aziende che per esperienza nei rispettivi settori, energie rinnovabili e innovazione digitale possono fare scuola, stiamo parlando di Regran e Futurea.
Chiamarlo Marketplace delle energie rinnovabili potrebbe essere riduttivo, perché non sarà solo un luogo (virtuale) nel quale gli attori del mercato delle rinnovabili potranno tra loro dialogare e chiudere accordi, ma anche, e soprattutto, un luogo da dove poter agire per riportare il vero valore economico e sociale creato dalla produzione di energia elettrica dal sole nella terra in cui è stata generata.
Il contesto
Secondo gli ultimi dati rilasciati dall’Osservatorio Fer (Fonti di energia rinnovabili) di Anie rinnovabili, l’associazione di Confindustria delle imprese dell’energia pulita, nel 2022 sono stati installati in Italia 3.036 MW così suddivisi: 2.482 MW in fotovoltaico, 526 MW in eolico, 31 MW in idroelettrico, mentre le bioenergie hanno registrato un calo di -3,2 MW. Ma, benché dal 2021 al 2022 ci sia stato un incremento del 109% di nuova potenza installata, il Paese è ancora lontano dal raggiungere gli obiettivi comunitari.
Molto c’è da fare, molto si sta facendo, e molto di più si farà nei prossimi mesi da qui a venire. Questo dovrebbe voler dire, soprattutto per alcune aree geografiche con particolari caratteristiche abilitanti alla produzione di energia rinnovabile, la possibilità di attrarre sostanziosi capitali che possono essere poi ridistribuiti sul territorio. Se non fosse che, la realtà ci insegna, chi ad oggi sta investendo il capitale acquisendo di fatto la proprietà degli impianti e quindi la produzione di energia, sono i grandi investitori stranieri i quali, naturalmente, delle cospicue rendite generate dalla vendita dell’energia non lasciano nulla al territorio che quella energia ha generato.
La visione
È in questo contesto che prende forma il progetto innovativo sviluppato da Regran e Futurea che ha in primo luogo l’obiettivo ambizioso di scardinare procedure consolidate per ottenere ricadute positive sul territorio locale, che nel caso specifico è la Sicilia, terra baciata dal sole.
Spiega l’ingegnere Marco Anfuso, Ceo di Regran, che accompagna tante multinazionali nello sviluppo dei progetti per l’istallazione di parchi fotovoltaici: «Il valore degli impianti è nel loro possesso, nonché nella generazione dei flussi economici che ne conseguono per 35 o 40 anni, di norma gli anni previsti dall’accordo col proprietario terriero. La parte che facciamo noi (quella dello sviluppo ingegneristico, ndr) è senz’altro importante, e pagata anche molto bene, però è una tantum, mentre il possesso degli impianti produce reddito per decine di anni, reddito che per la maggior parte andrà ad investitori stranieri senza contribuire in alcun modo alla crescita del territorio. È giunto il momento che la ruota cambi senso, bisogna far sì che il valore economico, sviluppato dagli impianti fotovoltaici, ma non solo, che troveranno sede nella nostra terra, rimangano qui a generare un ritorno e un indotto anche sociale in termini di competenze specializzate e posti di lavoro, distribuendo ricchezza».
I protagonisti
Ma chi sono Regran e Futurea, le due imprese partner di questa joint venture che riunisce in un unico progetto transizione ecologica e transizione digitale?
Nasce a Ragusa nel 2007 Regran, società attiva nel settore della produzione di energie rinnovabili, in particolare da fotovoltaico. Oggi Regran è una società sana e in crescita, conosciuta in ambito nazionale e internazionali essendo presente anche in Paesi quali Malta e Brasile.
Con un team di circa 50 persone, di cui 35 ingegneri, Regran ha al suo interno diverse divisioni attraverso le quali tocca a tutto tondo gli aspetti del fotovoltaico. È con la Divisione ingegneria che Regran segue i grossi progetti per lo più finanziati da grandi realtà straniere cinesi, americane, spagnole, inglesi e tedesche, per le quali l’azienda si occupa di tutta la parte ingegneristica, dal conseguimento dei titoli autorizzati al progetto esecutivo, dalla direzione lavori al coordinamento della sicurezza, e per impianti più piccoli anche della realizzazione e manutenzione. Un know-how tecnico unico e insostituibile, accompagnato da una profonda conoscenza del proprio territorio.
“Una challenger company”. Così si definisce Futurea, la società presente a Milano, Roma e Catania, specializzata nell’aiutare le PMI a svilupparsi e ad affermarsi sul mercato, fornendo servizi di consulenza e supporto in diverse aree, tra cui marketing, finanza, tecnologia e sviluppo del prodotto. Futurea emerge nel panorama delle aziende che producono innovazione per il servizio, suo core business, Start-up as a service, che, giocando un po’ con gli acronimi informatici, diventa Suaas: una vera e propria fabbrica di startup conto terzi, dove questi “terzi” sono le imprese che desiderano innovare, ampliare, rendere scalabile, il proprio business attraverso le tecnologie digitali e che ora, insieme a Futurea, intraprendono questo percorso di cambiamento. Il modello di business prevede la costituzione di una NewCo separata dal business dell’azienda committente che ne deterrà governance e direzione di lungo periodo, mentre la gestione operativa andrà in mano a Futurea che, legando il meccanismo della sua remunerazione ai risultati della nuova società, sarà completamente ingaggiata nella riuscita del progetto. «Questo modello premette di creare innovazione fuori dal perimetro dell’azienda, libera dai suoi freni e orientata alla scalabilità in quanto 100% digital», commenta Giorgio Ventura, Managing Partner di Futurea.